giovedì 31 marzo 2011

I PASTORELLI DI FATIMA E IL PAPA

Suor Lucia racconta che un giorno: «ci vennero ad interrogare due sacerdoti, che ci raccomandarono di pregare per il Santo Padre. Giacinta domandò chi era il Santo Padre e quei buoni sacerdoti ci spiegarono chi era e come aveva molto bisogno di preghiere. Giacinta cominciò ad amare tanto il Santo Padre che, ogni volta che offriva i suoi sacrifici a Gesù, aggiungeva: è per il Santo Pa­dre. Alla fine della Corona, si recitavano sempre tre Ave Maria per il Santo Padre e qualche volta diceva:- Come avrei piacere di vedere il Santo Padre! Viene qui tanta gente, e il Santo Padre non viene mai! Nella sua innocenza di bambina, pensava che il Santo Padre potesse fare quel viaggio come qualsiasi altra persona».
Giacinta, dunque, rimase molto impressiona­ta da quello che raccontarono quei due sacerdoti riguardo al Santo Padre e, a partire da quel mo­mento, anche questi trovò un posto particolare nel suo cuore. Così, come per il Crocifisso, il suo affetto verso il Santo Padre non si ridusse ad un semplice e sterile sentimento passeggero, provocato solo dalla sua sensibilità di bambina. Era la grazia di Dio che, appoggiandosi sulla te­nera e pura sensibilità naturale di Giacinta, tro­vava in essa il terreno adatto per fare di lei un sostegno vivo, solido e perseverante in aiuto del Santo Padre nel compimento della sua difficile e importantissima missione.

TU SEI PIETRO

Tutto ciò che toccava il cuore di Giacinta la­sciava in esso un segno indelebile di amore pro­fondo e continuo. Di conseguenza, non ne di­menticava mai le esigenze, non si lasciava sfug­gire nessuna occasione per esercitarlo nel modo più generoso che le fosse possibile. Se è vero che, con Francesco e Lucia, nel suo desiderio di riparare le offese contro Dio e il Cuore Imma­colato di Maria e di intercedere per la conver­sione dei peccatori, era sempre alla ricerca di nuovi modi per offrire tanti sacrifici a Gesù, è vero anche che, co­me ricordava Lucia, Giacinta non tralascia­va mai di offrirli an­che per il Santo Padre.
Il Papa, Vicario di Cristo, ci aiuta a co­noscere e amare Dio. È come un faro che proietta la luce della verità su di un mondo che, forse mai come oggi, ne soffre la man­canza, pagandola, pur­troppo, a caro prezzo, a tutti i livelli. Il suo magistero, fatto di encicli­che, lettere ed esortazioni apostoliche, discorsi e messaggi e altri pronunciamenti, ha lo scopo di presentare alla Chiesa e al mondo intero tutti gli aspetti della vita umana e sociale alla luce di Dio e del Vangelo. Ricorda e rende attuali i principi della fede e della morale e le loro appli­cazioni concrete alla vita dell'uomo, affinché l'uomo possa agire realizzando il suo bene tem­porale ed eterno. La natura dell'uomo è sempre la stessa ma, con gli anni, variano i contesti cul­turali, sociali e tecnologici per cui gli stessi principi, sempre validi, devono essere applicati a nuovi contesti. In questo senso, dobbiamo in­terpretare per esempio l'ultima enciclica di Be­nedetto XVI «Caritas in veritate» che riprende, a quarant'anni di distanza dalla «Populorum progressio» di Paolo VI, la grande questione dello sviluppo che già aveva beneficiato di altri autorevoli interventi pontifici con Giovanni Paolo II e le sue Encicliche «Sollicitudo rei so­cialis» e «Centesimus annus». Lo stesso po­tremmo dire riguardo alle scottanti questioni inerenti alla sessualità e alla trasmissione della vita umana. I principi ad esse relativi, richiama­ti da Paolo VI nell'«Humanae vitae», in un cli­ma di dura ostilità e contestazione, furono riba­diti da Giovanni Paolo II soprattutto nell'«Evangelium vitae» e nella «Familiaris Consortio», dopo quasi trent'anni di altri grandi cambiamenti sociali e progressi scientifici. Il Papa fa risuonare la voce di Cristo nel mondo, lungo la storia. È il Maestro stesso che così ha voluto e determinato, quando disse a Simon Pietro: «Tu sei Pietro e su questa pietra edifi­cherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Pietro fu co­stituito da Gesù sommo pastore del suo gregge: «Pasci le mie pecorelle» (Gv 21,16). Lo ha sta­bilito come «il Principio e il fondamento perpe­tuo e visibile dell'unità di fede e di comunione» (Lumen Gentium n.18). In forza del suo prima­to, ogni suo successore è Pastore di tutta la Chiesa.

UNA SOFFERTA PATERNITÀ UNIVERSALE

Non sembra un caso che Gesù, prima di dire a Pietro: «Pasci le mie pecorelle» lo abbia sol­lecitato ad una triplice professione di amore. Non fu solo per dargli la possibilità di riparare il suo triplice rinnegamento, ma anche perché il suo Vicario deve essere animato da un amore eccezionale verso di Lui: «Mi ami più di costo­ro?» Grande infatti e ricolmo di carità deve es­sere il cuore di colui che riceve da Cristo una si­mile responsabilità , riguardante il destino tem­porale ed eterno di milioni di persone, che deve amare tutte con l'amore che un padre deve nu­trire verso i suoi figli; o, più esattamente, è chiamato ad amarle con quell'amore che sgorga dal Cuore di Cristo. Questa paternità spirituale universale è fonte di gioia, ma anche di grande dolore. Quanti uomini, infatti, invece di seguire la sua voce di buon pastore, seguono quella dei mercenari di cui parla Gesù (Gv 10,12), a cui niente importa delle pecore se non sfruttarle per i propri vili interessi! Che dispiacere, constatare l'incredulità , lo scetticismo, o il disprezzo di tanti uomini, che rifiutano l'amore e la sapienza di Cristo che, anche attraverso l'incessante inse­gnamento del Papa, illumina loro il cammino per vivere in pace con Dio e con il prossimo in questo mondo e guadagnare la vita eterna. Che sofferenza vederli assorbire ingenuamente e senza il minimo spirito critico modi di pensare ed agire propagandati da `falsi profeti' di ogni genere, deleteri in prospettiva sia temporale che eterna! Se un figlio degenere è fonte di grande preoccupazione per un padre, quanto più grande deve essere la preoccupazione e il dolore del Pastore di tutta la Chiesa per le sue tante peco­relle smarrite, per i suoi figli che, non ricono­scendosi come tali e non riconoscendo la sua voce, non si riconoscono nemmeno fratelli tra di loro, dando vita ad ogni forma di ingiustizia, di odio, di divisione. È celebre la frase di Gio­vanni Paolo II: «La guerra è un'avventura sen­za ritorno», proferita in uno dei suoi ripetuti ap­pelli per scongiurare la prima guerra in Iraq. Questi, come quelli proclamati in occasione della seconda guerra nella stessa regione, rima­sero inascoltati, rivelandosi, così, quanto mai profetici, come possiamo purtroppo constatare ancora oggi, ogni volta che la televisione ci mo­stra immagini provenienti da quelle zone.
ATTENTI AGLI ABILI FALSIFICATORI DELLA VERITA’
D'altronde, il Papa, non può fare a meno di dire la verità, anche se questa non sempre piace, soprattutto ai potenti di questo mondo. E per questo motivo che, coloro che hanno il potere di informare, formare e spesso condizionare l'opi­nione pubblica, non perdono alle volte l'occa­sione di mettere in cattiva luce la sua persona o il suo insegnamento. Probabilmente le industrie belliche, farmaceutiche, o certi governi e parla­menti, sarebbero disposti a coprire d'oro e di elogi il Papa se, per assurdo, un giorno si espri­messe in modo favorevole alla guerra, all'abor­to, ai mezzi contraccettivi, o ad altre cose di questo genere. Non ci sarebbe da stupirsi se, in tal caso, cambiasse da un giorno all'altro anche il modo di presentarlo all'opinione pubblica, sui giornali, o in tivù.
Al Santo Padre però, che certamente 'merce­nario' non è, non interessa scendere a patti con la menzogna né per amore del denaro, ne per l'approvazione del mondo, né, più semplice­mente, per "quieto vivere". Sarebbe tradire e in­gannare prima di tutto il Signore e la fiducia che ha posto in lui, ma anche i milioni di figli verso cui ha la responsabilità di indicare il cam­mino giusto per il cielo.

IL SANGUE DEI MARTIRI

La posta in gioco è così alta, che vale la pe­na per questo soffrire di tutto, anche il martirio se fosse necessario, come ci ricorda la terza par­te del segreto di Fatima, che allude profetica­mente alla persecuzione contro la Chiesa.
«Il buon pastore offre la vita per le pecore» (Gv 10, 11). Del resto, se Gesù ha detto: «Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15, 20), non c'è da meravigliarsi più di tanto dell'ostilità di alcuni verso il `Servus Servorum Dei', vale a dire verso il "servo dei servi di Dio", per usare l'espressione di Papa San Gregorio Magno a indicare la superiorità ma, allo stesso tempo, l'umiltà del Pontefice da­vanti a Dio.
In modo del tutto particolare, quindi, possia­mo applicare anche al Santo Padre la riflessione del «Catechismo della Chiesa Cattolica» che prende spunto dal Vangelo di San Marco, dove si riferisce che Gesù, prima di morire, emise un grande grido: «Gesù, dando un forte grido, spi­rò». (Mc 15,37). «Tutte le angosce dell'umanità di ogni tempo, schiava del peccato e della mor­te, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della salvezza confluiscono in questo gri­do del Verbo Incarnato. Ed ecco che il Padre le accoglie e, al di là di ogni speranza, le esaudi­sce risuscitando il Figlio suo. Così si compie e si consuma l'evento della preghiera nell'Econo­mia della creazione e della salvezza». (CIC. n. 2606). Questo orizzonte universale, sofferto e travagliato, proprio della preghiera di Cristo, da cui scaturisce la salvezza del mondo, deve ca­ratterizzare anche la preghiera di ogni cristiano, ma specialmente di Colui che ne fa le veci qui in terra, vale a dire il Papa. La preghiera e la sofferenza di ogni Papa, offerte soprattutto per gli uomini del suo tempo, si relazionano con quelle di Gesù, ne diventano come un prolunga­mento, affinché la Redenzione, da Lui operata una volta per tutte duemila anni fa, continui a produrre frutti di salvezza per gli uomini di ogni generazione. Conformandosi a Cristo, nella pre­ghiera e nella sofferenza, il Papa conferisce ancor maggior forza e autorità alla sua vo­ce e al suo magiste­ro, risultando così più facile ai fedeli distinguere in essi la parola e l'inse­gnamento di Cristo stesso.

UNA TESTIMONIANZA PREZIOSA

La testimonianza di Suor Tobiana Sob, su­periora delle suore polacche `Ancelle del Sacro Cuore di Gesù', che prestavano servizio nel­l'appartamento pontificio, ci aiuta a capire, per esempio, lo spirito di comunione e solidarietà con la preghiera e la sofferenza di Cristo che animava Giovanni Paolo II: "Molto spesso si sottoponeva a penitenze corporali. Lo sentiva­mo, a Castel Gandolfo avevo la camera piutto­sto vicina alla sua. Si avvertiva il suono dei colpi quando si flagellava. Lo faceva quando era ancora in grado di muoversi da solo ". Questo modo di `sentire' e di pregare fu anche quello di Giacinta e, proprio perché anche la sua preghiera aveva assunto i contorni di im­plorazione sofferta, impreziosita dall'offerta di tante penitenze, capì molto bene, al racconto di quei due sacerdoti, non solo chi è il Santo Pa­dre e ciò che rappresenta, ma anche la sua sof­ferenza e la necessità di sostenerlo nella sua missione, con tante preghiere e sacrifici offerti espressamente per lui. E da notare come le pa­role di questi due sacerdoti rimasero ben im­presse nel cuore di Giacinta e ne marcarono profondamente la spiritualità. Da ciò si deduce quanto sia importante che i sacerdoti, per pri­mi, amino il Santo Padre e ne illustrino sempre positivamente il suo magistero e ogni suo at­teggiamento pastorale. Nel caso di Giacinta, essi si riveleranno gli strumenti della divina provvidenza per instradare la piccola veggente all'immolazione per il Santo Padre e la sua missione. Si tratta di una chia­mata speciale, con­fermata e resa ancor più chiara dalla visione del Santo Padre che, Giacinta, ebbe in seguito.
SEGNO DI SICURA SPERANZA E CONSOLAZIONE
«Un giorno andammo a passare le ore della siesta sul pozzo dei miei genitori. Giacinta si se­dette sulle lastre del pozzo; Francesco venne con me a cercare del miele selvatico, tra le spine d'un pruneto che c'era presso una scarpata vicina. Dopo qualche tempo, Giacinta mi chiama. - Non hai visto il Santo Padre? - No! - Non so com'è stato! Io ho visto il Santo Padre in una casa molto grande, inginocchiato davanti a un tavolo, con le mani sul volto, in pianto. Fuori dalla casa c'era molta gente, alcuni tiravano sassi, altri impreca­vano e dicevano molte parolacce. Povero Santo Padre! Dobbiamo pregare molto per Lui!».
È vero, Giacinta è per noi esempio e stimolo anche in questo. Dobbiamo anche noi pregare molto per il Santo Padre, affidarlo alla Madon­na perché, nonostante le tempeste di questo mondo, guardando a Lei, `Stella del Mattino' che «brilla innanzi al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di conso­lazione» (Lumen Gentium 68), egli conduca, con il suo ausilio, quella grande nave che è la Chiesa, di cui tutti noi facciamo parte, al porto dell'eterna salvezza. (Da: “Maria di Fatima” P. Cesare Cuomo IMC)

L'abbagliante figura era sulla collina e le stava aspettando

La prima a scorgerla fu Ivanka, poi Mirjana e Milka. È un mercoledì pomeriggio quando, su una montagnola sassosa tra viigne e campi di tabacco, comincia la serie di eventi soprannaturali.
E’ cominciata così, sulle pendici del Crnica (oggi noto come il Podbrdo, «la collina delle apparizioni») , dove alcuni ragazzi si sono spinti per un'escursione. Provengono dai casali di Bija­kovici, uno dei cinque villaggi che costituisco­no la parrocchia di Medjugorje; è il pomerig­gio di mercoledì 24 giugno 1981, festa di san Giovanni Battista.
La prima a scorgerla è Ivanka, 15 anni compiu­ti da tre giorni. La sua attenzione viene attirata lontano da una figura avvolta di luce. «Guarda, la Gospa! (Madonna, in croato)», grida d'im­pulso a Mirjana, l'amica sedicenne che l'accom­pagna. «Ma figurati se si disturba per noi!», la riprende quest'ultima con razionale ironia, trascinandone i passi e i pensieri oltre l'angolo del sentiero. Ma Ivanka è turbata, e quando in­contra la più piccola Milka, in cerca di aiuto perché si sono disperse le pecore, convince lei e Mirjana a tornare a quella piega del monte da dove ha percepito la luce. Una curva ancora e i simpatici sfottò muoiono in bocca a Mirjana. Tut­te e tre le ragazze ora vedono: sulla collina, a duecento metri da loro, si trova una bellissima e giovane donna, con un bimbo in braccio. Rivestita da un velo, dai line­amenti dolci e radiosi, la figura appare come sospesa nell'aria. In quel momento arriva Vicka: attardatasi a casa, stava cercandole; le chiama per scuoterle, poiché di spalle le paiono pietri­ficate. Anche Vicka la vede e, impauritasi, scap­pa subito via. Incrocia due ragazzi, Ivan Ivan­kovic e Ivan Dragicevic. «Vicka, ma che fai? Ti va una mela?». Lei, ansimante, li induce a se­guirla di nuovo su per il colle. I ragazzi accetta­no, giusto per non dispiacerle: sembrerebbe uscita di senno. Ma pure loro vedono. La giova­ne donna con una corona sulla testa, mentre copre il Bambino, fa loro cenno di avvicinarsi. I due maschi, sorpresi da quella vista, fuggono via, come Vicka poco prima. Le ragazze, invece, osservano estasiate e confuse senza trova­re la forza di andare da lei.
Sono passate da poco le 18 e la donna scompa­re. Commenterà padre René Laurentin, forse il massimo esperto mariano vivente: «Il paesag­gio campestre di Bijakovici, tra i campi verdeg­gianti di vigne o di tabacco e la sua collina roc­ciosa, contro la quale si addossano le case, si apre al Mistero».

IL GRUPPO DEI SEI

Quando i ragazzi a casa raccontano l'accaduto, lo stupore degli adulti è enorme. Le famiglie, spaventate, ordinano loro di stare zitti: nel regime della ex Jugoslavia, a quel tem­po, è vietato perfino mettere le lumi­narie a Natale. Tuttavia la clamorosa notizia dell'«apparizione» si diffonde ugualmente e la sera di giovedì 25 giugno un gruppo di curiosi si raccoglie sotto il Crnica. Fra di loro ci sono anche i ragazzi della sera prima, tranne Ivan Ivankovic e Milka, il primo, maggiorenne, per timore della polizia, la seconda, appena di dodici anni, perché non glielo permette sua madre: entrambi, pur parte­cipando tra i fedeli a successive apparizioni, non vedranno più la Madonna. La Vergine, come sperato da Ivanka, Ivan, Mirjana e Vicka, appare di nuovo, su una nuvola, ma molto più in alto e senza il bimbo in braccio. Oltre a loro, la vedono anche Marija Pavlovic, 16 anni, sorel­la maggiore di Milka, e suo cugino Jakov Colo, un bambino vivacissimo di 10 anni. Si for­ma così il sestetto dei testimoni «scelti» dalla Vergine. È l'attrazione per quella Presenza che li ha messi insieme, pur così diversi uno dall'altro: ragazzi e ragazze di età differente, vulcanici come Vicka o introversi come Ivan. La splen­dente figura fa di nuovo segno ai ragazzi per­ché si avvicinino. Questa volta i veggenti non hanno esitazioni: molti testimoni di quei giorni ricordano di non poter stargli dietro, allorché, alla vista della Gospa, i sei lasciavano il sentiero per inerpicarsi fra i sassi e gli sterpi, senza ferir­si coi rovi... È il primo di migliaia di «incontri ravvicinati» con la Madre celeste.

"RICONCILIATEVI CON DIO"

Ivanka ha perso la mamma da due mesi. «Come sta?», le domanda piena di trepidazione. La ri­sposta è dolce e materna: «Sta con me, è felice; e desidera che tu sia obbediente alla nonna». Mirjana le chiede: «Tor­nerai?». La Gospa annuisce.
La sera seguente più di mille persone affollano il Podbrdo. Dietro suggeri­mento delle nonne, i veggenti hanno con sé dell'acqua benedetta, per accertare se quella fi­gura misteriosa sia creatura del cielo o del de­monio, come già fece Bernadette a Lourdes. «Se sei la Madonna resta con noi, altrimenti va via!», esclama Vicka aspergendo l'acqua. La donna dell'apparizione sorride divertita e quando Mirjana le domanda: «Come ti chia­mi?», giunge, attesa, la sua rivelazione: «Io sono la Beata Vergine Maria». Quindi scandisce tre volte la parola chiave dei suoi messaggi: «Pace! Pace! Pace!», e ribadisce: «Riconciliatevi con Dio e fra di voi. Perché ciò avvenga è neces­sario credere, pregare, digiunare e confes­sarsi». I veggenti si raccolgono in pre­ghiera. Prima il Rosario; poi recitano il Credo e i sette Pater, Ave, Gloria cari alla devozione locale. Fra i presenti, il meccanico Marinko chiede attraverso i ragazzi un segno per tutti. Dopo qual­che istante i sei si voltano verso di lui in un preciso momento e, in modo inspiegabile, rife­riscono sempre all'unisono la risposta della Vergine: «Beati coloro che pur non vedendo, crederanno». Di ritorno dalla collina la Madon­na appare di nuovo, a Marija soltanto, dicendo­le: «Pace, pace, e solo pace!». La Vergine è rat­tristata e piange; dietro di lei si scorge una croce. Precisa: «Il mondo avrà la pace soltanto se troverà Dio. Dio c'è, ditelo a tutti. Riconciliatevi tra voi; fatevi fratelli. La pace regni fra gli uomini e Dio, e anche fra gli uomi­ni». Esattamente dieci anni dopo, il 26 giugno 1991, cadranno le prime bombe sull'aeroporto di Ljubljana in Slovenia. Una guerra sanguino­sa ridisegnerà la Jugoslavia.

PRIMA SCETTICO, POI CREDENTE

Il neo parroco di Medjugorje, padre Jozo Zo­vko, rientrato la sera del 27 dagli esercizi spiri­tuali, rimane sbalordito. Aveva lasciato, più di un mese prima, una parrocchia sonnacchiosa, la ritrova in piena ef­fervescenza. .. soprannaturale. Quando gli riferiscono che la Madre di Dio è apparsa per tre giorni di fila, ci va cauto, per non dire scettico. Interroga i veggenti: non si contraddicono, ma diffida di Ivanka e di Mirjana, che sono di fuori. Quest'ul­tima, dopo avergli ripetuto per ore l'accaduto, che crede in Dio e lo prega ogni giorno, che è sincera, infine, sbotta: «Padre, ma tu sei peggio dei poliziotti». Il frate teme una trappola. Era infatti stato trasferito dietro le pressioni dell'au­torità, con l'intento di arginare il fascino che ri­scuoteva fra i giovani. «Prima mi confinano a Medjugorje, poi montano una sceneggiata per screditare me, Dio e la Chiesa». La svolta avvie­ne il 3 luglio. Padre Jozo chiede lumi davanti al tabernacolo. Ha invitato i parrocchiani a venire in chiesa a pregare, ma essi preferiscono la col­lina. E che dire di tutta quella gente che viene da fuori: è curiosità o vera sete di Dio? A un tratto prorompe in un'implorazione: «Signore, che hai parlato ad Abramo e a Mosé, illumina anche me!». Immediata la risposta; chiara sen­te una voce nella chiesa vuota: «Esci e proteggi i ragazzi». Il parroco lascia la Bibbia, si genu­flette e si affretta alla porta. Non ha il tempo di aprirla e vede i veggenti affannati e in cerca d'aiuto: «La polizia ci cerca, padre nasconde­teci!». Il parroco li conduce in canonica, poi depista gli agenti nel frattempo sopraggiunti. Da quel giorno la parrocchia di San Giacomo si apre ai sei ragazzi e alle loro celesti visioni. Questa disponibilità costerà al parroco due anni di minacce, carcere e sanguinose torture, ma né lui né i suoi successori metteranno più in dubbio la presenza della Vergine Maria a Me­djugorje.

TENTATIVI DI REPRESSIONE

Frattanto il regime non è stato a guardare. Si teme un complotto clerico-nazionalist a di ma­trice croata, che va stroncato sul nascere. Il 27 giugno i veggenti vengono interrogati dalla Milizia di Citluk, sede del comune di Bijakovi­ci, quindi sottoposti ai primi esami medico­psichiatrici. Il dottor Ante Vujevic li dichiara sani di mente. Alle 18 sono di nuovo liberi e si affrettano al Podbrdo, in tempo per il loro incontro. Il 29 si va di mano pesante. I sei giova­ni sono condotti nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Mostar, il capoluogo dell'Erze­govina. Vengono rinchiusi fra i malati di mente e fra i cadaveri dell'obitorio, dove il puzzo è reso insopportabile dal caldo estivo. I ragazzi fanno scudo a ogni intimidazione: «Sappiamo che dobbiamo morire e siamo pronti». L'équipe di dodici medici che li prende in carico ha a capo un osso duro, la psichiatra Muli­ja Dzudza, che oltretutto è musulma­na. Ma alla fine dovrà arrendersi: «Non sono pazzi i ragazzi, ma è paz­zo chi li ha condotti qui!». In seguito la Dzudza relazionerà ai servizi segreti sul co­raggio del piccolo Jakov: «Si sente protetto dal­la Madonna in cui rimette la fiducia e la sua vita. Gli davo del bugiardo cercando di terro­rizzarlo, ma sarebbe morto per le sue convin­zioni. Ha solo dieci anni e non siamo riusciti a spaventarlo. Così gli altri. Se sono manipolati, io non ho potuto smascherarli» .
Le sue parole valgono la resa del regime sul fronte medico-scientifico. Si tenta allora la carta della dissuasione. Il 30 del mese due giovani collaborazioniste, di nome Ljubica e Mirjana, invitano i veggenti per una gita. I ragazzi, pro­vati più per la pressione delle folle (domenica 28 in 15.000 hanno invaso Medjugorje) che dall'esperienza sconvolgente che stanno vi­vendo, sono lieti di questo diversivo. La missione prevede che i giovani non siano a Bijakovici per l'ora dell'apparizione. Ma dal Podbrdo la Madon­na li raggiunge in un grande cono di luce fin là dove si trovano. Ljubica e Mirjana devono aver visto la luce, a ogni modo assistono all'estasi e non si metteranno più al servizio dell'autorità .
Il l° luglio si muove direttamente la po­lizia: in tre riescono a scamparla, ma Ivanka, Marija e Vicka sono prese e portate via. E l'apparizione avviene nel furgone: la Madonna sorride e invita le giovani a non temere di nul­la; lei non abbandonerà i suoi ragazzi.
Gli agenti, turbati, li consegnano ai frati in parrocchia. Intanto Ivan, Jakov e Mirjana hanno avuto la visita della Gospa, ciascuno nella propria casa. L'ultima carta che resta al governo di Belgrado è la chiusura dell'accesso al colle. Ma tale divieto, che diventa stabile dall'agosto 1981, non potrà scoraggiare le appa­rizioni, ma solo dimostrare, come già reso evi­dente nei fatti del 30 giugno e del l° luglio, che esse non sono legate al luogo, ma agli strumen­ti che la Madonna si è scelta: dove essi si trova­no, là ella viene. E la conseguenza, davvero curiosa sotto un regime ateo che non colorava neppure il Natale, è che la gente da quel giorno si trasferì in chiesa, là dove la Madonna ha sem­pre detto di volerci tutti portare.

IL MONDO È CAMBIATO

Quel regime oggi non c'è più e la Jugoslavia è scomparsa con esso. Anche la guerra fredda è finita e il muro di Berlino è stato abbattuto. L'Afghanistan, i Balcani, il Ruanda, l'Iraq, il Darfur: la guerra e nuove divisioni feriscono il mondo. Perfino l'America è stata violata 1'11 settembre del 2001. La Madonna appare anco­ra. Tramite sei ragazzi diventati adulti, a Me~ djugorje o dove essi si trovino, rinnova a cia­scuno il suo messaggio di pace. (Tratto da: ‘OGGI’ “La Madonna di Medjugorje” nr 3 6/2009)

Onore a San Giuseppe

Racconta un Sacerdote - Ero giovane studente e mi trovavo in famiglia per le vacanze autunnali. Una sera mio padre accusò un malessere; nel­la notte fu assalito da fortissimi dolori colici. Venne il medico e trovò il caso assai grave. Per otto giorni si fecero diverse cure, ma invece di migliorare, le cose peg­gioravano. Il caso sembrava disperato. Una notte avvenne una complicazione e si temeva che mio padre morisse. Dissi a mia madre ed alle sorelle: Vedrete che San Giuseppe ci conserverà il padre! L'indomani mattina portai una boc­cettina di olio in Chiesa, all'Altare di San Giuseppe, ed accesi la lampada. Pregai con fede il Santo. Per nove giorni, ogni mattina, portavo l'olio e così la lampada testimoniava la mia fiducia in San Giuseppe. Prima che finissero i nove giorni, mio padre era fuori pericolo; presto poté la­sciare il letto e riprendere le sue occu­pazioni. In paese si seppe il fatto e quando la gente vide mio padre guarito, disse: Se 1'è scappata questa volta! - Il merito fu di San Giuseppe

A TE SACERDOTE

E’ passato un dì il Signore,
ti ha guardato con amore,
“Vieni e seguimi”, ti ha detto,
del mio Cuore sei prediletto.
Sacerdote consacrato
Tu Gesù sei diventato
Sei Gesù che parla e guida
Nei sentieri della vita.
Sei Gesù pastore e luce
Che le pecore conduce
Con il cuore tutto paterno
Verso il ben vero ed eterno.
Sei Gesù che ci consola
Con l’eterna sua parola
Sei perdono al peccatore
Lo converti e cambi il cuore.
L’esistenza tutta intera
Come padre e manna vera
Ti consumi con sorriso
E ci porti in Paradiso.
E Gesù per farti Santo
Ha voluto a te accanto
Con premura dolce e pia
La dolcissima Maria!
Sac. Vincenzo Cuomo

La Passione di Gesù è... 2

«Ecco ora il tempo accettevole, ecco ora il giorno della salute». (…)
Concedimi, o Signore, di cantare, con le mie povere labbra umane, i trionfi di queste glorie divine, ma più ancora di ritem­prare il mio spirito nelle sublimi lezioni della Croce, del Sangue, della Morte del mio Gesù.
La Passione di Gesù è l'altissima scuola della scienza divina, i cui insegnamenti, impartiti dallo stesso Divino Maestro, metto­no l'anima nelle disposizioni di accogliere il riflesso sublime del Mistero.
 
La Passione di Gesù è la mistica sorgente della divina carità.
 
La Passione di Gesù è la medicina celeste che ha in sè la virtù, la potenza e l'efficacia di sanare ogni piaga e di preservare da ogni male.
 
La Passione di Gesù è per l'anima, che la contempla, l'adora e la invoca, come una nuova creazione.
 
La Passione di Gesù è il principio, il mezzo e il fiore della vita spirituale, il principio, perchè la grazia che ci inizia alla santità sgorga dalla Passione: il mezzo, perchè la virtù che la corrobora è frutto della Passione; il fine, perchè l'anima raggiunge la beati­tudine per i meriti della Passione.
 
La Passione di Gesù è la luce del mondo, il respiro del mondo, la salvezza del mondo.
 
La Passione di Gesù è un tesoro prezioso dal quale ogni anima può prendere quanto è necessario per ottenere l'ingresso e la beatitudine nel regno celeste.
 
La Passione di Gesù è la scuola della santità, e questa è in pro­porzione della fede con cui l'anima ascolta le sublimi lezioni, del­la speranza con cui le accoglie e della carità con cui le mette in pratica.
 
La Passione di Gesù dà efficacia ai sacramenti, alla divina pa­rola, alla preghiera, alla virtù, al sacrificio, all'apostolato, ai vo­ti, all'amore, all'immolazione, ad ogni opera di culto, di fede e di carità.
 
La Passione di Gesù è il Mistero dell'unione: l'unione intima, profonda, ineffabile di Gesù con la piccola anima, mediante la partecipazione del suo Sangue.

La Passione di Gesù è...

La Passione di Gesù riempie la mente di celestiali pensieri, il cuore di santi affetti e lo spirito di arcane rivelazioni.
 
La Passione di Gesù è il Mistero della carità sovrumana che estende indistintamente a tutti le dolcezze della riconciliazione, della pace e della speranza immortale.
 
La Passione di Gesù è il libro misterioso che racchiude tutti i segreti, le prove, le promesse, i doni, i trionfi, le delizie del divi­no amore.
 
La Passione di Gesù è la mistica valle di Giosafat dove gli uo­mini possono essere giudicati in vita con giudizio di misericordia e di amore.
 
La Passione di Gesù è il mistero delle sue umiliazioni, ma è pure il Mistero de' suoi trionfi.
 
La Passione di Gesù è il fiume regale che ha le sorgenti nell'eternità , scorre sulla terra portando ovunque fecondità e vi­ta, e risale dal tempo all'eternità con gli splendori di una messe rigogliosa, i mistici frutti della virtù, della grazia e dell'amore.
 
La Passione di Gesù è il braciere ardente sul quale si consu­mano tutte le iniquità della terra.
 
La Passione di Gesù è la mistica corrente che ci trasporta in seno a Dio, dopo averci ricoperto dell'oro della divina carità.
 
La Passione di Gesù è il Mistero delle rivelazioni.
 La Passione di Gesù dona la vita della fede, la vita della spe­ranza, la vita della carità, che formano la vita della grazia, e man mano che questa cresce, dona la vìta del Sangue, la vita del Mi­stero, elevando così l'anima alla vera vita soprannaturale.

Maria, sempre presente, Regina, soprattutto Madre

Maria è sempre vicina ai suoi figli, ma con le sue apparizioni vuole darci una conferma straordinaria della sua continua pre­senza di mediatrice di ogni grazia per la salvezza dell'umanità. Ricordiamo specialmente Lourdes nel secolo scorso; Fatima, in questo secolo.
Mi soffermo in particolare su Fatima perché quest'anno ri­corre il 35° della Consacrazione dell'Italia al Cuore Immacola­to di Maria, compiuta a Catania il 13 Settembre 1959, a conclu­sione del XVI Congresso Eucaristico Nazionale.
Non avrei mai pensato che episodi fortuiti, come l'incontro con il mio vecchio Rettore di collegio nel 1942, che per primo mi parlò di Fatima; una processione con la Madonna in una not­te di guerra (1944) tra la folla che gridava "pace, pace"; e una mia lettera al Card. Lercaro, avrebbero segnato fortemente la mia vita e inciso anche sulla vita religiosa e civile dell'Italia.
La Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.), appena costituita e di cui faceva parte l'allora Card. Montini, futuro Paolo VI, nella sua prima seduta, espresse all'unanimità come prima pro­posta, di fare la consacrazione dell'Italia al Cuore Immacolato di Maria.
Era il risultato di molti interventi, fatti in tempi e circostanze diverse fin dal 1942, da parte di Vescovi, sacerdoti, teologi, scrittori e umili fedeli, che, mossi dallo Spirito Santo e deside­rosi di accogliere le richieste della Madonna e i ripetuti inviti del Papa Pio XII (anche pochi giorni prima di morire), matura­rono nella Chiesa d'Italia questo atto doveroso e carico di signi­ficato verso la Madre SS.ma Maria.
La proposta fu presentata al grande Papa, Giovanni XXIII, nell'udienza del 13 dicembre 1958, che l'accettò. La C.E.I., per la sua attuazione, incaricò il Comitato Nazionale Mariano di fa­re un programma pratico, adatto ed efficace per sensibilizzare l'opinione pubblica in modo da coinvolgere tutta la Nazione.
Appresa la notizia dall'Osservatore Romano, il 7 febbraio 1959, I° sabato, mandai un espresso al Card. Lercaro con la pro­posta che la statua "Pellegrina" di Fatima visitasse di città in città l'Italia, per preparare tutti gli italiani alla Consacrazione.
L'idea fu approvata dalla C.E.I. con entusiasmo. Ma chi, co­me e quando avrebbe attuato questo progetto?
Mi trovavo a Catania (15-30 marzo 1959) per la missione in preparazione del XVI Congresso Eucaristico Nazionale. Il 31 marzo, mentre attendevo il treno per andare pellegrino a Siracu­sa, mi venne recapitato un telegramma di Mons. Strazzacappa, segretario del Comitato Mariano, con il quale mi pregava di ac­compagnare come missionario la Madonna di Fatima, dal 25 aprile al 22 settembre, per ben 150 giorni consecutivi. .., passan­do per le città d'Italia. In venti giorni avrei dovuto organizzare la predicazione, trovare altri missionari, i mezzi di trasporto (ae­reo, elicottero, auto, ecc.) e prendere accordi con i Vescovi delle città prescelte.
Mi affidai alla Madonna e con mia meraviglia in una setti­mana risolsi i miei problemi personali a Milano: il Congresso annuale dell'Apostolato della Preghiera (di cui ero direttore dio­cesano e promotore regionale), la stampa per cinque mesi delle due riviste "Vita in Cristo" e "Lampade Viventi", l'avviamento dell'ufficio, con l'aiuto della presidente diocesana dell'A.d.P., Contessa Alessina di Belgiojoso.
La sera del 9 aprile ero a Roma, dopo aver parlato con i ve­scovi della Liguria, Toscana, Lazio, prime mete dell'Itinerario Mariano. Non avrei mai immaginato che si aprissero tutte le vie con una facilità unica: sembrava che un angelo guidasse ogni passo e ispirasse le parole.
Ricordo l'incontro commovente con i vescovi di Pavia, Mons. Allorio, con il Card. Siri, i vescovi di La Spezia, Massa, Pisa, ecc. L'arcivescovo di Pisa, Mons. Ugo Camozzo, che ricordava piangendo il suo Tempio al Cuore Immacolato di Maria costruito a Fiume e fatto saltare con la dinamite dai "titini"..., mi confidò che quando nella C.E.I. venne proposta la consacra­zione dell'Italia alla Madonna, qualche vescovo, dalla gioia, aveva alzato non una ma due mani... A Livorno, Mons. Andrea Pangrazio mi disse che i livornesi si sarebbero mossi solo se fosse discesa la statua della Madonna di Montenero... Invece per Livorno, come per tutte le città, fu un trionfo di fede e di amore.
In realtà fu una sorpresa per tutti i vescovi, i preti d'Italia e per gli stessi responsabili di questo viaggio, compresi i piloti. Mi sembrava di sognare... per tutto il viaggio: la Madonna tra­volgeva ogni ostacolo, si appianavano come per incanto tutte le vie... Senza gravi difficoltà si trovarono l'aereo per il Portogal­lo, gli elicotteri per i voli in Italia, le auto per i missionari, il de­naro per tutte le spese.
Spettacoli indimenticabili di fede in ogni città per ben 150 giorni consecutivi, come un rosario itinerante vivente attorno a Maria.
Il Vescovo era il primo ad accogliere e a salutare la Vergine, a presiedere le grandi concelebrazioni, a pronunciare le più toc­canti omelie invitanti ad accogliere il messaggio del Cielo. Da quanti vescovi ho sentito ripetere: "Solo la Madonna può com­piere queste meraviglie!"
Quante confessioni, conversioni e comunioni. Le chiese era­no troppo piccole: spesso bisognava ricorrere alle grandi piazze, agli stadi...
Ricordo la commozione dei vescovi di Gorizia e di Trento, quando per la prima volta nella storia, videro uniti in processione sloveni e italiani a Gorizia, tedeschi e italiani a Bolzano, cantare e pregare la Vergine Maria. Si rinnovava la scena del Cenacolo, dove tutti erano uniti con Maria e gli Apostoli nella preghiera, ascolto della Parola di Dio e nella celebrazione eucaristica.
Ricordo quando il primo pilota, ten. col. Dario Pavan, volle guidare l'elicottero per otto giorni da Pompei a Viterbo per scio­gliere un voto allà Madonna. Nel fare le consegne al cap. Mario Badalassi, gli confidò: "Quando ero in volo sopra Pompei, mi sembrò che la statua della Madonna si animasse e prendesse forma viva..., ebbi un brivido di commozione!. .. (lo stesso brivi­do sentì il missionario accanto a lui, senza che si fossero parla­ti); questo non è un viaggio come gli altri..., senti la presenza della Madonna; che emozione quando vedi da lontano folle im­mense che attendono e salutano con lo sventolio dei fazzoletti e le lacrime agli occhi...".
Nel volo da La Spezia a Genova, dopo 47 ore di pioggia scrosciante, il pilota partì dall'aereoporto di La Spezia solo, per prelevare la statua dal piazzale d'Italia, sicuro di ritornare e pro­seguire poi con le macchine della polizia per Genova. Ma quan­do fu nel cielo piovoso di La Spezia, si aprì come un tunnel tra le nubi e, senza pensarci, vi entrò diretto verso il passo del Bracco e quindi Moneglia, Portofino... Qui fu investito dal sole che aveva squarciato le nubi formando un perfetto "arcobaleno" che avvolse totalmente l'elicottero. .. Ma un brivido scosse il pi­lota (e il motorista) quando si accorse di essere in riserva di car­burante e c'era ancora un'ora di volo..., tremarono invocando Maria. "Questo volo fallo per me" aveva sentito in cuore parten­do da La Spezia. All'arrivo felice a Genova, abbracciò la Ma­donna come una persona viva, la più cara al mondo...
Tra gli innumerevoli episodi ricordo la guarigione improvvi­sa di P. Pio gravissimo, mentre sorretto dai frati, saluta dalla fi­nestra la Madonna sull'elicottero che sta sorvolando il convento prima di partire (6-8-1959).
Tutte le fatiche, i sacrifici e le peripezie di questo viaggio in­dimenticabile erano ricompensate dalle gioie ineffabili e dalle grazie che ci preparava a sorpresa la Mamma più buona, più premurosa e potente.
Queste folle sterminate che accorrevano a ondate giorno e notte attorno a Maria, chiamate da Lei con una voce irresistibile di Mamma, i confessionali assiepati da penitenti in tutti gli an­goli..., milioni e milioni di comunioni... , mi davano la certezza che era presente Lei, la grande Missionaria, la Madre di miseri­cordia, la Regina dei cuori.
Come era bello, facile e spontaneo, credere a Lei, affidarsi al suo Cuore! Si comprende più facilmente che credendo alla Madre, si ritrovava Gesù, suo figlio e nostro fratello, si scopre la Chiesa.
La Madonna non è passata invano per l'Italia 35 anni fa: i Vescovi hanno stretto tra Lei e la Patria un'alleanza d'amore fi­liale che non sarà spezzato.
L'ora che viviamo è grande, "più grande di noi". La respon­sabilità dei cattolici d'Italia uniti ai loro Vescovi è enorme, sia per le sorti spirituali sia per quelle terrene anche di tutti i fratelli d'Europa e del mondo. Sono in gioco problemi urgenti e gravis­simi di portata nazionale e internazionale, nei quali, se crediamo al disegno di Dio per la salvezza di ogni uomo, dobbiamo sen­tirci coinvolti, non come spettatori passivi, ma come protagoni­sti d'amore in un servizio umile, nascosto ma potentissimo, per­ché la battaglia della vita la vince solo chi ha la fede e l'amore. (...)
P Mario Mason S.I.

Ascoltiamo don Dolindo

Il crocifisso è come lo specchio tersissimo che raccoglie i raggi dello Spirito Santo e li tramanda nel fondo dell'anima, di modo che l'anima innanzi a lui si delizia nella meditazione e nella contemplazione. È l'oasi beata del pellegrinaggio terreno, è il segreto di tutta quella vera e profonda sapienza che ha illuminato l'umanità; fu il libro di san Tommaso d'Aquino, la mente più acuta e più vasta che sia mai apparsa nei secoli, fu il libro degli umili che da lui impararono la grande sapienza dei santi.

Il linguaggio di Dio è così ammirabile, così profondo, e così sintetico, che il considerarlo nel suo insieme sarà per i Sacerdoti, come quei colpi magistrali di scalpello che in pochi tratti modellano una statua.

La Mamma ci istruisce

Cari figli!
Come madre, già da tanti anni vi insegno la fede e l’amore di Dio.
Voi non avete mostrato gratitudine al caro Padre nè gli avete dato gloria.
Siete diventati vuoti e il vostro cuore è diventato duro e senza amore per il vostro prossimo che vive nella sofferenza.
Io vi insegno l’amore e vi mostro quanto il caro Padre ha amato voi, ma voi non amate Lui.
Egli ha offerto in sacrificio il Suo unigenito Figlio per la vostra salvezza, figli miei.
Se non amate non riconoscerete l’amore che il Padre vostro ha per voi.
Non conoscerete Dio perché Dio è amore.
Amate e non abbiate paura, figli miei, perché nell’amore non c’è timore.
Se i vostri cuori sono aperti al Padre e se sono pieni di amore per lui,
perché aver paura di quello che accadrà?
Hanno paura quelli che non amano perché aspettano il castigo sapendo quanto sono vuoti e duri.
Figli miei, io vi invito all’amore verso il caro Padre.
Io vi guido verso la vita eterna.
La vita eterna è mio Figlio: accettatelo e avrete accettato l’amore!
(18.03.95)

Un Sacerdote dalla Corea: Il mio cambiamento di vita a Medjugorje


Koreasrednja.jpgIl giovane francescano Peter Kim Dae Woo ha visitato Medjugorje per la seconda volta. Egli proviene dalla parrocchia di Incon, in Corea, dove svolge il ministero di cappellano. E’ stato ordinato Sacerdote nel 2009. Ci ha detto che il più grande desiderio della sua vita era diventare un cantante. Studiava ingegneria elettronica, ma il suo grande amore era la musica, a causa della quale ha lasciato l’università, ed ha rilevato: “Ho studiato per quattro anni, ma lo studio non mi interessava e così non apprendevo, cantavo e suonavo solo, perché la musica era tutta la mia vita. Sono stato uno studente fino al momento in cui ho conosciuto la musica. Ho smesso di andare alle lezioni universitarie. A quel tempo avevo anche il soprannome di “fabbrica di bestemmie” perché tutte le mie parole erano volgari, ma questo non mi interessava, vivevo nel mondo della musica. Stavo in compagnia dei ´quasi musicisti´ “. E’ venuto a Medjugorje per la prima volta nel Settembre del  1998. La sua prima conoscenza di Medjugorje era avvenuta nel Febbraio del 1998, quando gli era arrivato tra le mani un libro su questo fenomeno. Continua fra Peter: “Fino a quel momento andavo alla Santa Messa la Domenica. Ma, dopo aver letto quel libro, sono andato in Chiesa e da allora sono andato alla Santa Messa ogni giorno. Quel libro ha svegliato in me un grande desiderio di pregare il Rosario, cosicché pregavo il Rosario ogni giorno. Ho iniziato a vivere i cinque messaggi principali della Madonna di Medjugorje. Quando quel libro mi è arrivato tra le mani, mi trovavo in un periodo difficile della mia vita. Ero caduto in depressione. Anche mia madre soffriva nel vedermi svogliato. Per aiutarmi mi ha domandato se volevo andare a Medjugorje. Sono venuto e la mia venuta a Medjugorje ha cambiato molte cose dal punto di vista spirituale. Il cambiamento era stato grande, ma nel mio cuore c’era sempre il grande desiderio di essere conosciuto come cantante. Quando sono venuto a Medjugorje, ho pianto dal primo all’ultimo giorno, soprattutto durante le Adorazioni e specialmente quando udivo il suono del violino”. Egli è ritornato in Corea e rifletteva se la musica poteva davvero essere la sua scelta per tutta la vita. Dopo il ritorno in Corea, egli ha conosciuto una persona con cui pregava spesso e questa persona gli disse che lui aveva una vocazione. Ha continuato a lavorare. Nei momenti di solitudine sentiva profondamente nel cuore che il Signore lo chiamava: “Dae Woo!”. Provava paura verso quella chiamata perché pensava che, se l’avesse accolta, per lui sarebbe finita con la musica. Spesso piangeva davanti al Signore dicendogli che doveva cambiare vita e che per questo gli serviva aiuto. Il giovane Sacerdote ci ha detto come è entrato nell’Ordine Francescano: “Pregavo il Signore e la Madonna dicendo loro: ´Gesù e Maria, se ho la vocazione, la chiamata, datemi un aiuto, un segno, ditemi chiaramente che è quella la mia chiamata!´. In quel momento ho pregato, ho aperto la Bibbia ed ho letto il Salmo 110, dove dice: ´Tu sei sacerdote per sempre, secondo l’ordine di Melkisedek´. Ho chiuso la Bibbia e sentivo che il mio cuore sprofondava. Dopo molte lotte interiori e dopo aver messo in ordine tutte le cose nel mondo, nel 2000 ho bussato alla porta di un convento francescano, sono entrato e sono divenuto un Francescano”. Egli afferma che per lui Medjugorje è un luogo di grande grazia, un luogo particolare, perché gli ha permesso di cambiare il suo modo di vivere. Prima del pellegrinaggio a Medjugorje non pensava neppure di poter diventare Sacerdote.

lunedì 28 marzo 2011

UTILITA' FUTURA DELLA PREGHIERA

Una persona si lamentava spesso di non ritrarre pro­fitto alcuno dalle preghiere che si facevano per essa. Gel­trude ne parlò a Gesù, il Quale le disse: «Domandale ciò che sceglierebbe per un suo cuginetto, se alcuna si offrisse di dargli o un beneficio, a l'equivalente in danaro. Ella, col suo buon senso, risponderà che val meglio per il fanciullo un beneficio i cui redditi aumenteranno fino all'età maggiore, mentre il denaro, affidato alle sue mani inesper­te, sarebbe ben presto sciupato in futili cose. Raccomanda a quella persona d'affidarsi alla mia bontà; io le sono Pa­dre, Fratello, Amico, e mi preoccupo più de' suoi interessi, ch'ella non saprebbe farlo per quelli del prossimo e degli stessi suoi parenti. Deva persuadersi che metto fedelmente in serbo i frut­ti di tutte le preghiere, di tutti i buoni desideri che mi so­no offerti per essa, e glieli porrò nelle mani quando non ci sarà più pericolo che li perda. Tale disposizione le sarà as­sai più salutare che se le dessi immediate consolazioni do­po la preghiera, perchè quella gioia darebbe occasione a sentimenti di orgoglio e di vana gloria; se poi le dessi pro­sperità temporali, l'anima sua forse le trasformerebbe in occasione di colpa ».

In tutte le cose l'uomo deve affidarsi a Dio

Quanto più saranno com­pleti l'abbandono delle cose terrestri e l'unione con Dio per mezzo della volontà e dell'intelligenza, tanto più ci si avvicinerà al­lo stato d'innocenza e di perfezione. Che vi è di migliore, di più felice, di più dolce? È dunque cosa della massima impor­tanza tenere l'ani­ma talmente distaccata da tutte le cose, che né il mondo, né gli amici, né la prosperità, né l'avversi­tà, né il presente, né il passato, né l'avvenire, e neppure gli stessi pec­cati, almeno fino a un certo grado, siano motivo di grave turbamento.
Sforzatevi di vivere soltanto con Dio, fuori dal mondo, in una specie di vita spiritualizzata, come se la vo­stra anima fosse già separata dal cor­po e nell'eternità. Nel soggiorno dei Beati, la grande preoccupazione del­l'anima non sarà il secolo, né lo stato del mondo, né la pace, né la guerra, né il buono o il cattivo tempo, né al­tra cosa di quaggiù, ma Dio solo sarà l'oggetto dei suoi slanci, dei suoi desideri, dei suoi amori. Sforzatevi perciò fin da ora di staccarvi dal vostro corpo e da ogni cosa creata presente o futu­ra. Fissate, per quanto è pos­sibile, immuta­bilmente, chiara­mente, vivamente l'occhio della vostra anima sulla luce increata. Allora l'anima vostra, purificata dalle cose terrestri, sarà come un angelo unito a un corpo cui la carne non dà molestia e che non si occupa di cose vane e futili.
Fortificate la vostra anima contro le tentazioni, le persecuzioni, le in­giurie, affinché nell'uno o nell'altro caso, essa rimanga saldamente e tranquillamente unita a Dio. E quando turbamenti, scoraggiamenti, con­fusione di spirito vi assalgono, non irritatevi, non lasciatevi abbattere. Non ricorrete allora a preghiere vo­cali per esserne liberati, né ad altri conforti; cercate solamente di ripren­dervi con un coraggioso sforzo del­la volontà e della riflessione, per ricondurre la vostra anima verso Dio, lo vogliano o no i sensi del corpo.
L'anima pia deve essere tal­mente unita a Dio, deve con­servare e rendere il suo vole­re così conforme al volere divino, da non sentirsi più occupata né sedotta da al­cuna creatura, come prima della sua creazione, assolutamente come se non esistessero che Dio e quest'ani­ma. Essa riceverà al­lora senza turbamen­to, senza esitazione, senza timore tutto ciò che la Provvidenza le manderà. Non cesserà di essere in ogni circo­stanza piena di fiducia nel Signore, senza per­dere la pazienza, né la pace, né uscire dal silenzio. Ecco perché il distacco completo dell'anima dalle cose create é supremamente utile alla vita spirituale e per restare intimamente uniti e sotto­messi a Dio.
Allora non vi saranno più inter­mediari tra Dio e voi. Da dove ver­rebbe infatti l'intermediario? Non dall'esterno, perché la virtù della po­vertà volontaria vi ha spogliati di ogni bene terreno, e la virtù della ca­stità vi ha spogliati del vostro corpo; non dall'interno, perché l'ob­bedienza vi ha spogliati del­la vostra volontà e della vostra anima. Nulla più sussiste tra Dio e voi.Che siete religiosi lo dimostrano la vostra professione, il vostro stato, il vostro abito, i vostri capelli taglia­ti e gli altri segni della vostra vita religiosa; resta però a vedere se siete un religioso finto o sincero: spetta a voi darne la risposta. Ma notate bene quan­to gravemente voi pecchereste e pre­varichereste contro il Signore vostro Dio, se offendendo la sua giustizia, agi­ste in tutt'altro mo­do che da religioso; se con la volontà o con l'amore vi attac­caste alla creatura in­vece che al Creatore, se preferiste insomma la creatura al Crea­tore. Sant’Alberto Magno

UTILITÀ DELLA COMUNIONE FREQUENTE 1 di 2

Ecco, io vengo a te, o Signore, per trarre beneficio dal tuo dono e ricevere allegrezza al banchetto santo, "che, nella tua bontà, o Dio, hai preparato al misero" (Sal 67,11). Ecco, quanto io posso e debbo desiderare sta tutto in te; tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la fortezza, la maestà e la gloria. "Ricolma dunque oggi di letizia l'anima del tuo servo, perché, o Signore Gesù, a te ho innalzato l'anima mia" (Sal 85,4). Ardentemente desidero ora riceverti, con devozione e venerazione; desidero introdurti nella mia casa, per meritare, come Zaccheo, di essere da te benedetto e di essere annoverato tra i figli d'Abramo. L'anima mia e il mio corpo hanno fame di te; il mio cuore arde di farsi una cosa sola con te. Dammi in dono te stesso, e mi basta; poiché non c'è consolazione che abbia valore, fuori di te. Non posso stare senza di te; non riesco a vivere senza la tua presenza. E così occorre che io mi accosti frequentemente a te, ricevendoti come mezzo della mia salvezza. Ché non mi accada di venir meno per strada, se fossi privato di questo cibo celeste. Tu stesso, o Gesù tanto misericordioso, predicando alle folle e guarendo varie malattie, dicesti una volta: "Non li voglio mandare alle loro case digiuni, perché non vengano meno per strada" (Mt 15,32). Fa', dunque, la stessa cosa ora con me; tu, che, per dare conforto ai fedeli, hai lasciato te stesso in sacramento. Sei tu, infatti, il soave ristoro dell'anima; e chi ti mangia degnamente sarà partecipe ed erede della gloria eterna. (continua…)

Onore a San Giuseppe

Nel 1930 a Buenos Aires c'era un Ospi­zio di tisici, affidato alle Figlie della Carità. Le spese quotidiane superavano le entrate, cosicché la Superiora si trovò in brutte acque. Il padrone dell'edificio era un uomo inesorabile; non ricevendo la somma dell'affitto, stanco di attendere, ordinò lo sfratto. Si era all'ultimo giorno. La Superiora , non sapendo cosa fare, diede ordine di non ammettere alcuno a parlare con lei. Era sera e si chiuse in camera. Qui pre­gò San Giuseppe con fede, affidando a lui la triste situazione. Nella serata si presentarono al portone dell'Ospizio due Suore, di cui una era la Superiora Generale delle Religiose Gia­nelline di Bobbio. La portinaia non vo­leva farle entrare, in base all'ordine ri­cevuto; ma dopo insistenze chiamò la Superiora. Si svolse questo colloquio: Sono la Ma ­dre Generale di un Ordine Religioso; do­mani partirò per l'Italia. Eseguisco una commissione, ricevuta quest'oggi. Qui, a Buenos Aires, risiede un italiano che mi ha consegnata una grossa somma per quest'Ospizio. Mi ha detto che intende ringraziare per le cure che ha ricevuto tempo addietro in questo ricovero. La Superiora scoppiò in pianto e dis­se: San Giuseppe mi è venuto in soccor­so! Con questa somma non ci sarà lo sfratto! - L'episodio fu narrato in Italia dalla stessa Madre Generale delle Suore Gia­nelline di Bobbio.

domenica 27 marzo 2011

Onore a San Giuseppe

Un bambino era andato sul monte Vittore, presso Norcia. Si sprigionò una tempesta e si moltiplicarono le raffiche di neve. Si era in febbraio e sembrava che la nevicata non volesse più a cessare. I genitori, non vedendo rincasare il figlioletto, dopo due giorni di attesa si rivolsero alle autorità per le ricerche, sperando di ritrovare almeno il cadavere. Non era tanto facile la ricerca, dato il grande ammasso di neve. Rabbonitosi il cielo, parecchi, tra cui i genitori, cominciarono ad esplorare il monte, chiamando a gran voce per nome il bambino. Fu grande la meraviglia quando videro camminare sulla neve colui che credevano morto e che veniva loro incontro di corsa. I genitori, abbracciato il figlio, chiesero: Dove sei stato in questi giorni?... E come non sei morto per il freddo? - Il bambino raccontò: Quando cominciò la tempesta venne un vecchio, tanto buono, mi prese per mano e mi condusse nel cavo di un grande albero. Mi disse: Non aver paura, perché ti aiuto io! - Mentre stavo là riparato, venne una bella Signora con tante stelle luminose sulla testa. Non ho sofferto, anzi sono stato contento. Poco fa quel vecchio mi ha detto: Non senti che ti chiamano? Ora va' a casa! - Mi ha indicato la direzione da tenere sulla neve ed ora sono qui! - I genitori seguirono commossi la narrazione e compresero essere stato San Giuseppe quel vecchio e la Madonna quella Signora. Ne rimasero grati per tutta la vita.

IL SIGNORE TE LO CHIEDE..

 di Don Giuseppe Tomaselli esorcista salesiano
Confessati bene
- Non nascondere per vergogna o paura qualche peccato!
- Vuoi sapere quali siano, d’ordinario, i peccati che il demonio fa nascondere in Confessione o confessare male? Sono le mancanze commesse contro il sesto comandamento, cioè, i brutti pensieri, i discorsi vergognosi, le cattive azioni.
- Credi tu che per confessarti bene si richieda solo la sincerità? Oltre a ciò, è necessario il dolore dei peccati, condizione principalissima per avere il perdono. Il dolore è il dispiacere interno dei peccati commessi, che fa proporre di non peccare più. Se ti confessi senza il dolore, non ricevi il perdono!!
- Il termometro del dolore è il proponimento, cioè la volontà di fuggire le occasioni prossime di peccato. Perciò, se ti confessi e non hai la volontà risoluta di troncare un occasione prossima di peccato grave, in tal caso commetti un sacrilegio. Richiama con carità e tatto chi per ignoranza o cattiva volontà dovesse compiere tali sacrilegi.
- Hai nulla da rimproverarti riguardo alle confessioni passate? Se ne sia il caso, che cosa aspetti per rimediarvi? Guai a te se rimandi sempre questa sistemazione! Potrebbe mancartene il tempo.
- Se hai imbrogli di coscienza, presentati al Ministro di Dio e digli: “Padre, aiutatemi a mettere a posto i conti della mia anima!”
Ogni volta che vieni alla confessione, posso versare in te tutta la mia grazia.. Io stesso ti aspetto nel confessionale. . infelici coloro che non ne approfitteranno, la invocherete invano quando sarà troppo tardi!!”  (Gesu a S. Faustina Kowalska)
 
Ricevi Gesu-ostia sempre con umiltà, amore e devozione
- Preparati sin dal giorno precedente per portare a Gesù atti di carità, di ubbidienza.. . e piccoli sacrifici
- Prima di comunicarti chiedi perdono di tutte le piccole mancanze e prometti di evitarle. Mai ricevere Gesù in peccato mortale!!
- Ravviva la fede, riflettendo che l’Ostia consacrata è Gesù Signore nostro, Dio-Uomo, vivo e vero.
- Ricevuta la S. Comunione, il tuo corpo diviene Tabernacolo. Tanti Angeli ti stanno attorno. In ginocchio adora Gesù
- Non distrarti! Offri ogni S. Comunione per riparare il Cuore di Gesù ed il Cuore Immacolato di Maria. Prega per i nemici, per i peccatori, per i moribondi e le anime del Purgatorio. Prega specialmente per le Persone Consacrate.
- Prometti a Gesù di evitare qualche mancanza particolare o di compiere qualche opera buona.
- Cerca di restare in colloquio con Gesù che hai appena ricevuto per almeno un quarto d’ora. È il momento più importante della giornata il momento delle grazie.. Ama, adora, ascolta quant’è dolce il Signore in quel momento!
- Chi ti avvicina lungo il giorno deve accorgersi che tu hai fatto la S. Comunione. Dimostralo con la dolcezza e il buon esempio... Ricorda durante la comunione il tuo cuore batteva con il Cuore sacratissimo di Gesù..
- Lungo il giorno ripeti: Gesù ti ringrazio che oggi sei venuto nella mia anima!
 
Pensaci bene!
…Prima non esistevi. Fra cento anni dove sarai?.. O nel Paradiso o nell’Inferno! La tua vita quale fine ha?.. Dare al Creatore la prova d’amore, con l’osservanza della sua legge. La vita non è solo piacere, è lotta contro il male. Per vincere occorre l’aiuto di Dio, che si ottiene con la preghiera e i Sacramenti. Frutto della vita cristiana è la pace del cuore, la serenità nelle tribolazioni e poi il Paradiso eterno.
…nei dischi restano incisi le onde sonore.. canti stupendi o orrendi.. parole sante o sconce.. così nel libro della tua vita restano scritti: i buoni pensieri o cattivi, i discorsi morali o immorali, le opere buone o perverse. Sta a te scrivere solo il bene!!
…il fiume scorre; ad ogni attimo si avvicina al mare. La tua vita fugge; ogni giorno che passa è uno di meno che ti rimane sulla terra, ogni ora è un passo verso il cimitero. Non vuoi pensarci? Sei stolto! Imita le vergini prudenti del Vangelo!
… sai che l’anima vale più del corpo. Perché tanta premura del misero corpo e tanta trascuratezza dell’anima? Impara ad essere più sapiente!!
…il nome di Dio, tre volte santo è continuamente oltraggiato. È dovere dei figli riparare l’onore del Padre. Ascolta qualche S. Messa e possibilmente ricevi la comunione in riparazione delle bestemmie.
…la profanazione della festa ferisce il Cuore di Dio, che è geloso del suo giorno. Bada che nella festa nessuno dei famigliari trascuri la messa o compia lavori materiali….Chi si comunica in peccato mortale, da a Gesù il bacio del tradimento come giuda. Tu comunicati con frequenza e devotamente per riparare le comunioni sacrileghe…
Quanti peccatori, sul letto di morte, sfuggirebbero all’inferno se si pregasse e soffrisse per loro. Quanti passano all’eternità dimenticando Dio, anche una sola nostra preghiera potrebbe salvarli. Aiutiamo Gesù a salvare più anime possibile con la preghiera, i sacrifici e anche facendo conoscere e diffondendo di questi santi insegnamenti! !   

Il valore della santa Messa secondo don Giacomo Alberione

 
 
Un povero fanciullo, orfano di padre e di madre, era stato ricevuto in casa di un suo fratello che lo trattava duramente e gli lasciava persino mancare il pane e le vesti. Un giorno trovò per via una moneta d’argento. Cercò, ma non ne rinvenne il padrone. Immaginate la sua gioia! Gli parve di aver trovato un tesoro, e subito pensò di comperarsi diverse cose: abbisognava di tutto! Ma a quel punto ricordò il padre e la madre defunti, gli occhi gli si riempirono di lacrime. Che fece? Prese una decisione eroica per il suo stato e la sua età, e corse a portare quella moneta ad un Sacerdote, affinché celebrasse la Santa Messa per i suoi poveri genitori.
Da quel giorno, protetto dalle anime del Purgatorio, la fortuna dell’orfanello si cambiò. Un altro fratello lo raccolse, lo fece studiare, e quel bambino diventò Sacerdote, Vescovo, Cardinale, Santo: San Pier Damiani.
Ecco ancora come una sola Messa, fatta celebrare per le anime del Purgatorio, sia stata principio d’immensi vantaggi. Ma oh! quali vantaggi maggiori se alla Messa si unisce la Santa Comunione.

sabato 26 marzo 2011

Il Vescovo Monsignor Comboni intra­prese molte opere di bene; la principale fu quella delle Missioni. Riconoscendo che gli sarebbe occorso molto denaro, eb­be l'idea di costituire San Giuseppe Eco­nomo Generale delle sue opere. Nelle ne­cessità si rivolgeva a lui. Per essere più animato alla fiducia, te­neva sul tavolo la statua del Santo. Un giorno il fornaio gli disse: Eccel­lenza, sono venuto per avere il denaro del pane fornito ai suoi Missionari. - Abbia un po' di pazienza! Oggi so­no al verde. - Non posso più attendere! - Ritorni domani e l'avrà. - Il Vescovo non voleva mancare di pa­rola. Non sapendo a chi rivolgersi per aiuto, pregò San Giuseppe: Se non mi mandate il denaro necessario, vi metto con la faccia al muro! - e voltò la sta­tua del Patriarca. Non fu questo un ge­sto di disprezzo, ma di grande fiducia. Da lì a poco ricevette la visita di un signore. - Eccellenza, non mi chieda chi io sia e chi mi mandi qui. Ho soltanto da consegnarle questa busta. - Il Vescovo l'aprì e trovò il denaro ne­cessario per pagare il pane; subito man­dò a chiamare il fornaio. - Eccellenza, esclamò questi, come ha fatto a trovare subito questo denaro? - Ci ha pensato San Giuseppe. - Sono meravigliato! Per esserle gra­to che mi salda tutto il debito, le lascio una offerta per le sue Missioni. - Meglio così, soggiunse il Vescovo. Sono doppiamente grato a San Giusep­pe, il quale è un banchiere che non fal­lisce mai.

Onore a San Giuseppe

Era la vigilia della festa di San Giu­seppe. In uno scompartimento del treno Magonza-Colonia stavano due viaggiato­ri, un Sacerdote ed un mercante. Il Sacerdote si accorse che quel signo­re pregava; lo interruppe nella preghiera e gli rivolse qualche domanda. Venne a sapere che era molto devoto di San Giu­seppe e che rientrava in famiglia per tra­scorrere la festa del Patriarca con la mo­glie ed i figli. - Dunque, disse il Sacer­dote, San Giuseppe è il vostro Patrono? - No, è il Patrono di mia moglie, che si chiama Giuseppina. Il 19 Marzo mi è tan­to caro per tutto ciò che nella vita mi è capitato. Fui educato cristianamente; nella gioventù mi allontanai dalla Reli­gione. Mia moglie si affliggeva a vedermi trascurato nell'anima; quando essa alla sera pregava davanti ad un altarino di San Giuseppe, io la burlavo. Cinque an­ni addietro, in occasione del suo onoma­stico, le feci un bel regalo; ricevendolo mi disse: Avrei preferito un regalo più prezioso! - E quale? - La tua anima! - e cominciò a pian­gere. Per consolarla le promisi di acconten­tarla. M'invitò ad andare in Chiesa in sua compagnia per ascoltare la predica su San Giuseppe. Accettai. Il predicatore disse fra l'altro: Mai nessuno ha invocato San Giuseppe, sen­za sentirne la protezione! Uscendo dalla Chiesa, la moglie mi disse: Tu che spesso sei in viaggio, pro­mettimi che nei pericoli invocherai sem­pre San Giuseppe. - Qualche tempo dopo il treno sul quale viaggiavo ebbe un terribile urto. Gridai: San Giuseppe, aiutami! - Nel mio scompartimento eravamo in sette; sei mori­rono e solo io rimasi vivo. Da quel giorno sono divenuto Cristia­no fervente e tutti gli anni, il 19 Marzo, adorno di fiori e di ceri l'altarino di San Giuseppe e con la mia famiglia mi pro­stro per ringraziarlo e pregarlo di cuore.  Fioretto - Recitare Tre Pater, Ave e Gloria ad onore di San Giuseppe per la conversio­ne dei peccatori più ostinati.  Giaculatoria - San Giuseppe, terrore dei demoni, pre­ga per noi!